di Federica Ballacci
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È consuetudine sempre più comune definire i dati come il nuovo petrolio. Moltissime sono infatti le aziende che, negli ultimi dieci anni, si occupano di raccolta e di strutturazione dei dati che vendono poi indifferentemente ad aziende di piccole, medie o grandi dimensioni. Perché, è innegabile, tutti i business per assicurarsi di essere competitivi e di non perdere importanti opportunità sul mercato, hanno bisogno di nutrirsi di quelli che, in gergo, vengono definiti big data analytics. Sono gli analytics, in particolare, a rendere preziosi i big data perché sono quegli strumenti che, attraverso un apparato metodologico fatto di modelli e metodi matematici di forecasting, statistica e ottimizzazione, analizzano serie storiche per determinare trend, evidenziare correlazioni presenti nei dati, prevedere il valore futuro di variabili numeriche e categoriche, simulare scenari economici, ricavare una segmentazione dei clienti, ottimizzare le scelte produttive etc. Oggi la raccolta dei dati è gestita molto spesso da algoritmi - i veri protagonisti della rivoluzione digitale - che non solo sono in grado di catalogare le informazioni, ma anche di strutturarle in modo da renderle interessanti. Non c'è dubbio che la principale fonte per la raccolta dei dati sia la navigazione online: infatti gli acquisti su siti di ecommerce, preventivi per polizze, viaggi o anche la semplice navigazione producono un'enorme quantità di dati che svelano le nostre abitudini, i nostri gusti e, spesso, anche le nostre opinioni. è in questo modo, grazie allo studio del comportamento online di un utente, che molte aziende riescono ad agganciare il suo indirizzo IP e a seguirne gli orientamenti. Questo è ciò che si definisce profilazione. E, tuttavia, è necessario che le aziende consce dell'importanza dei dati per la loro evoluzione, sappiano anche farne un uso corretto: ed è proprio a tale scopo che devono avere a disposizione delle figure specializzate che sappiano trarre dai dati acquisiti le informazioni utili all'azienda stessa. Tra queste figure c'è ad esempio quella del Data Labelling Specialist – ovvero la figura che raccoglie i dati grezzi e li organizza per renderli accessibili alle macchine; o quella del Machine Learning Engineering, che si occupa invece della raccolta di dati ed informazioni funzionali ad uno specifico business o settore. Un'altra figura che emerge tra le nuove professioni digitali è poi quella del Data Protection Officer (DPO), di cui moltissimo si parla proprio in questi mesi che vedono l'avvicinarsi del 25 maggio 2018, data dell'entrata in vigore del nuovo regolamento europeo per la protezione dei dati personali, che in Italia andrà a sostituire il Codice della Privacy. Infatti nel GDPR – che ha tra gli obbiettivi principali quello di favorire la condivisione e lo scambio di dati – si affronta necessariamente anche il tema della sicurezza e della protezione dei dati durante il trattamento che il titolare riserva ai dati dell'interessato. (Leggi anche il nostro articolo sul GPRD).
Il DPO (o RPD in italiano) sarà quindi il responsabile della protezione dei dati che dovrà essere nominato obbligatoriamente nel caso in cui il trattamento sia effettuato da un'autorità o da un organismo pubblico, o nel caso le attività principali del titolare o del responsabile del trattamento richiedano il monitoraggio regolare e sistematico degli interessati su larga scala o, ancora, nel caso in cui le attività principali del titolare o del responsabile del trattamento si rivolgano a categorie particolari di dati (riguardanti opinioni religiose, filosofiche, razziali o riguardanti condanne penali). Il regolamento non fa tuttavia divieto - in quanto fa riferimento a persone autorizzate al trattamento dei dati personali sotto l'utorità diretta del titolare o del responsabile - a nessuna azienda titolare di dati di eleggerne uno al proprio interno o di darne incarico ad una persona esterna che deve avere caratteristiche ben definite che abbinano competenze informatiche a competenze giuridiche. In definitiva quindi, con la grande quantità di cui le aziende vengono in possesso, quello della protezione dei dati personali non è solo una necessità ma diventa anche un dovere nei confronti di chi ha fornito i dati di cui il titolare deve inevitabilmente tener conto.
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